SENEGAL


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SENEGAL CASAMANCE: UN SORRISO AFRICANO CON IL TAM TAM DEL CUORE

Malik guarda con occhi strabuzzati e sguardo stupito le dita (con 2 puntini disegnati sopra come fossero occhi) di Gianfranco, che gioca con i bambini a fare il prestigiatore, battendo alternativamente sul tavolo gli indici delle due mani, facendo sparire il primo e apparire l’altro mentre vi soffia sopra enunciando a gran voce “gigino e gigetto che va sopra il tetto, vola gigino vola gigetto, ritorna gigino ritorna gigetto”.

gigino gigetto @

GIGINO GIGETTO

Il bambino circondato da altri ragazzini si chiede dov’è scomparso il dito e cerca una spiegazione, sollecitando Gianfranco a ripetere il gioco…un gioco semplice, ma nuovo per lui, che l’uomo bianco porta da lontano regalando un attimo di evasione dalla monotonia. Semplice come questa antica fiaba è la favola vissuta dal gruppo nel viaggio SENEGAL CASAMANCE. Siamo ad Elinkine, un pugno di 4 case nel delta del fiume Casamance, un villaggio di poco più di 300 abitanti di etnia Jola, legati all’economia della pesca, e con l’aria ammorbata dall’odore forte del pesce secco, steso sulla spiaggia adiacente al piccolo porto. Una piroga conduce nell’acquitrinoso delta partendo da Cap Skirring, attraversando banchi sabbiosi coperti di mangrovie e popolati da uccelli acquatici, per visitare alcuni villaggi fino all’isola di Karabane, primo avanposto commerciale francese nella regione, nel cui cimitero cattolico si trovano le tombe di coloni e marinai. Da anni la Casamance, abitata prevalentemente da Jola, coltivatori di riso e pescatori, e stanca di non avere riconosciuto i diritti della sua gente, attraverso funzionari del governo centrale in maggioranza Wolof e di religione musulmana, tenta di ottenere l’indipendenza dal Senegal. L’intera nazione è a sua volta indipendente dai territori coloniali francesi dal 20 agosto 1960, con la creazione della repubblica, il cui primo presidente Léopold Sédar Senghor, promotore con il suo pensiero del panafricanismo, è ancora oggi considerato il padre della patria.

DONNA DI GOREE

DONNA DI GOREE

Benchè la religione maggiormente praticata sia l’Islam, la sua mescolanza con quella cristiana e antiche pratiche animiste, attraverso una particolare fusione sincretica, ne fa una nazione tollerante e differente dai limitrofi stati occidentali dell’Africa, con convivenza serena di tutte le religioni. L’ufficio del turismo senegalese propone mete per tutti i gusti “ Mare, natura, deserto, cultura” e questo nella realtà mantiene. In mezzo a scenari di natura affascinanti, con possibilità di incontri autentici, esperienze di vita comunitaria e momenti culturali, il Senegal è una delle destinazioni più interessanti dell’Africa Occidentale, tali da affascinare anche lo smaliziato viaggiatore dell’Africa Nera.  Ziguinchor, porta di accesso della Casamance e sede di un porto fluviale, è a poche ore da Niambalang, villaggio noto per una originale casa ad impluvium, con un’apertura nel tetto della stanza centrale che permette di raccogliere le acque piovane in un pozzo sottostante, e da Oussouye, dove vive ancora un re animista, sposato con 3 mogli e padre di 12 figli.

RE DI NIAMBALANG

RE DI NIAMBALANG

Il re ci riceve vestito con un abito cerimoniale rosso porpora, coadiuvato dal suo assistente Philippe, che spiega le sue funzioni di giurisdizione in campo amministrativo presso la gente locale di etnia Diola e di consigliere per i vari quesiti che spesso gli ven-gono posti. Dopo un rilassante soggiorno balneare a Cap Skirring, una delle mete più note anche al turismo internazionale per la presenza di belle spiagge orlate di palme e di un mare bagnato dalle calde acque dell’oceano, il rientro verso nord attraversando la Gambia ed il fiume omonimo, con un traghetto sgangherato con una folla eterogenea che si sposta per lavoro o commercio tra le due sponde fangose, fa conoscere un aspetto davvero colorito di questo piccolo stato, che insieme al Senegal ha provato qualche anno la coesistenza in un’unica nazione col nome di Senegambia. La “corruzione” dei doganieri gambiani all’immigration point di Senoba e poi in uscita a Farafenni, agevolando il visto con una « mancia suppletiva » di 1.000 CFA per persona è diventata ormai una consuetudine africana, che non desta preoccupazioni nè sorprese, consentendo di percorrere in poco tempo quella parte di sterrato rosso vivo, nota come TransGambia Hway n°4. La gente incontrata sul ferry sorride sempre, sia che voglia venderti una tovaglia dai policromi colori e disegni etnici, sia che aspetti il trasferimento con un bimbo aggrappato african style alla schiena materna, sia che guardi con divertita curiosità le foto scattate sul visore della macchina fotografica. Kaolack frenetica cittadina, sede di un perenne mercato all’aperto lungo la principale via, dove si trova un pò di tutto in una disarmonica accozzaglia, dall’ago all’elefante « come un noto emporio londinese », è anche un’importante nodo stradale che conduce verso l’interno ai confine del Mali. Il desiderio di conoscere usi e tradizioni, legati alla gente, spinge a sostare nei piccoli villaggi fatti di capanne lungo la strada di Touba–Gouye e Djonkere, il primo wolof ed il secondo Peul, dove numerosi bambini con mamme, zie e nonne accolgono festosi; Francesca per un attimo mette da parte la sua fotocamera ed il suo talento fotografico per emozionarsi un pò, mettendo in braccio un bimbo seminudo, trasmettendo un pò di calore e guardandolo intensamente con i suoi occhi azzurri… quasi a dirgli « io non ti mollo..ti porto con me», ottenendo sorrisi e ilarità dalla sua mamma, gratificata da tanta attenzione al figlio.

ragazze di etnia PEUL villaggio DEBOU

ragazze di etnia PEUL villaggio DEBOU

Tomborocouto, un altro povero villaggio con una cooperativa di cercatori d’oro, presenta un altro spaccato di vita unico: in una miniera all’aperto poveri uomini, ragazzi e donne « scavano » quasi a mani nude nella terra rossa, letto di un fiume, setacciandola in cerca di pepite d’oro, il cui ricavato va in massima parte al proprietario della cava. Fotografando parecchi di loro, così umili ed affabili, e familiarizzando con loro, Beppe riceve dei bigliettini con i loro indirizzi, con l’intento di spedire per posta le foto fatte ed anche la sorpresa di parlare per pura coincidenza al telefono con il fratello di uno di loro, che chiama in quel preciso momento dall’Italia per saluti, ricevendo l’invito ad andarlo a trovare! I saluti reciproci avvengono tra sorrisi spontanei. Il viaggio non è solo un’evasione turistica, spesso induce a riflettere sul pesante lavoro di questa gente, molta dei quali è stata o ha familiari emigrati all’estero, che lavorano con sacrificio per inviare in Senegal le rimesse economiche. All’estremo sud est del paese, dove cominciano le uniche montagne del Senegal, si trovano alcune delle etnie piu’ primitive e isolate dal resto del territorio anche per i pessimi collegamenti stradali. Questo isolamento ha consentito loro di mantenere intatto lo stile di vita tradizionale. L’area in cui vivono è detta “Il Paese Bassari”, ma oltre ad essi vi vivono anche i Coniagu e i Bedik. In questo lembo di territorio al confine con il Mali e la Guinea, la cittadina di Kedogou è la porta di accesso ai loro villaggi attraverso una lunga strada sterrata rossa, piena di buche quando c’è il sole, piena di fango quando piove. Con un camion 4X4 aperto dietro e 2 cassoni per sedili, Ethiolo, capodistretto Bassari è raggiunto in 4 ore e mezza a folle velocità (l’autista più che un tifoso di Formula 1 ne sembra un pilota!) per la strada larga rossa prima, che diventa sconnessa e stretta poi. Questa è costeggiata da cespugli spinosi e alberi frondosi, i cui rami sporgenti, penetrando dentro l’abitacolo aperto, fuoriescono violentemente all’indietro, facendo concentrare chi è seduto all’interno sul modo di evitarli per non riceverne le dure sferzate sul capo o sulle braccia. Chez Balingo, un vero personaggio, gestore dell’unico campment locale, accoglie parlando di usi e feste della etnia Bassari. Essi abitano in case piccolissime, circa 2 metri di diametro; ancora oggi praticano riti di iniziazione e di passaggio dall’età pueberale a quella adulta e le loro feste sono animate da canti e danze tribali, costumi particolari, maschere rituali, decorazioni simboliche del corpo e acconciature ela-borate, che hanno la loro massima espressione nella festa di maggio. Alcuni uomini portano infilata nel naso una spina di porcospino. Balingo, testimone culturale dell’etnia Bassari, si propone di tenere in vita i loro usi, cercando di rendere saldi i legami tra gli abitanti rimasti nel territorio, organizzando tornei sportivi di calcio tra i giovani, piantando coltivazioni di pomodoro e ortaggi ad uso familiare, evitando l’emigrazione dal villaggio e dal territorio circostante. Con soddisfazione racconta di essere riuscito nel suo proposito, con il risultato di raddoppiate iscrizioni di nuove squadre ai tornei sportivi organizzati e commercializzazione dei prodotti ortofrutticoli, rafforzato anche dal montaggio di un ripetitore telefonico, che consente l’uso del cellulare, benché ricaricabile solo ad energia solare, per comunicare con il resto del Senegal. Le visite al dispensario sanitario e alla scuola sono seguite da quella al villaggio di Nagar, sempre abitato da Bassari, le cui donne sono intente a sfogliare le pannocchie di mais, per l’essiccatura al sole. Visitiamo il bellissimo e genuino villaggio, circondati da tanti bambini, regalando al capovillaggio sapone e noci di cola, acquistati al mercato di Kedougou, e facendo una foto di gruppo ricordo con tutto il villaggio e il gruppo riuniti insieme. Sandra, Paola e Alessandra sono accompagnate mano nella mano al camion dai bambini, che sembrano non volerle abbandonare tanto sono affettuosi. Anche loro hanno il sorriso sulle labbra un sorriso che diventa contagioso. Sulla strada di ritorno c’è una sosta per visitare il villaggio Mandingo di Afiya Magazine, che si distingue da quelli Peul per la base cementificata dei capanni, e il piccolo villaggio Peul di Debou con tetti di capanne tipicamente ricoperte da « calebasse ». L’occasione per conoscere anche i Bedik avviene sempre nei dintorni di Kedougou, dove a 7 km c’è il villaggio fula di Ibel, proprio sotto la montagna. Da qui con un trek di 45 minuti lungo un sentiero sassoso, superando 200 metri di dislivello, si raggiunge in cima il villaggio di Iwol fatto di capanne di paglia, circondato da baobab e alberi fromager.

albero fromager

albero fromager

C’è anche il baobab sacro, nel quale è stata sepolta una persona, che è il più grande del Senegal con 30 metri di circonferenza. Qui vive la comunità di etnia Bedik, amministrata da Jean Batipste il factotum del villaggio: è lui che dice la messa nella grande capanna costruita dalla missione francese, è lui l’insegnante dei 30 studenti, è lui che gestisce le risorse dei 150 abitanti ed e a lui che consegno penne e quaderni da distribuire ai bambini e sapone e noci di cola per le donne e gli uomini. Le donne anziane portano come piercing al naso una spina di porcospino.

villaggio IWOL : DONNA DI ETNIA BEDIK con piercing nasale

villaggio IWOL :
DONNA DI ETNIA BEDIK con piercing nasale

Anche qui scorci del bel villaggio si prestano come scenario a foto di gruppo insieme alle donne e ai bambini Bedik, con positivo consenso di Francesca e Maria Luisa, le cui fotocamere impazzano, nel cogliere primi piano ricordo.

IWOL villaggio BEDIK         ( gruppo )

IWOL villaggio BEDIK ( gruppo )

Paola viene eletta miss Bedik, pur senza avere la spina di porcospino al naso…anzi i bambini non la mollano e tutti le tendono la mano. L’attraversamento del delta del Sine-Saloum con una piroga è l’occasione di osservare un po’ di natura senegalese, che qui presenta una vegetazione esuberante: le mangrovie si spingono in profondità lungo i bracci di mare e gli stagni formati dai corsi d’acqua, compongono migliaia di isolette, sui cui banchi sabbiosi si incontrano, coccodrilli, scimmie, tartarughe, iene, facoceri e il raro lamantino, difficile da scovare. Una sosta nel villaggio Diogane, ennesimo pretesto per osservare aspetti di vita quotidiana, con abitanti anche qui sempre sorridenti e con un animato porticciolo peschereccio, dove un accenno di passo di danza di Gianfranco è ricambiato spontaneamente da sussultori movimenti pelvici femminili, è seguito dalla visita del « reposair des l’oiseux », un santuario avifaunistico su un isolotto fitto di mangrovie, sui cui rami all’ora del tramonto arrivano per dormire e riposare diversi tipi di uccelli stanziali o di passaggio: cormorani, pellicani, gazzette, aironi e molti altri…una emozione da non perdere, sottolineata dai commenti di Stefano, esperto birdwatcher, che enuncia a voce bassa ad uno ad uno i nomi degli uccelli avvistati, con grande consenso di tutti i presenti! L’estuario del delta lungo la costa è anch’esso un ecosistema naturale con lingue di sabbia in perenne evoluzione, che nei dintorni di Palmarin offre panoramici scorci con baobab centenari e palme tropicali e spiagge deserte lambite dall’oceano. Andando a nord invece un’isola separata dalla terraferma da un ponte di legno e protetta dal mare aperto dalla lingua-penisola di Joal sorprende per la sua particolare formazione. Siamo a Fadiout, costituita da conchiglie di molluschi, che vivevano sull’isola miglia-ia di anni fa e si sono nel tempo depositate lì. Sull’isola vive una popolazione per il 90% cristiana e solo il rimanente 10% musulmana, l’esatto opposto di tutto il resto del Senegal ! Il cimitero ospita pacificamente tombe delle due religioni, a conferma della tolleranza religiosa della comunità. Piero un ragazzo locale, che si fa chiamare così perchè parla bene italiano, accompagna per i vicoli di questo surreale villaggio di etnia Serere, comunicando le originali natali di Léopold Sédar Senghor, il primo presidente senegalese. Tutto a Fadiout parla di conchiglie, dalle strade alle case, al cimitero comune a cristiani e musulmani con vista sui granai; perfino la chiesa cattolica, dedicata a S. Francesco Saverio, risente della loro presenza nella sua costruzione e le 2 acquasantiere all’ingresso sono 2 valve di conchiglie giganti, incassate alla parete. Rientrando sulla terraferma, il ponte diventa un naturale set videofotografico: Beppe è entusiasta nel fotografare con la bella luce le donne della cooperativa locale, intente a raccogliere dal fondo melmoso le conchiglie, mentre i ragazzi approfittando della bassa marea usano il fondo emerso come campo di calcio, e Stefano videoriprende le stesse scene. Uno spettacolo vario quello della natura senegale-se, che all’interno della reserva de Bandia, con un camion specifico 4X4, consente di fare un Safari Game Drive non certo come in Tanzania o in Botswana, ma ugualmente soddisfacente nella savana, osservando zebre, giraffe, struzzi, uccelli multicolori, impala e qualche rinoceronte, esemplarmente commentati da Stefano per classi e ordini zoologici. Se la natura senegalese è padrona, la cultura ne è sorella, consentendo interessanti visite alla Moschea di Touba, città sacra della confraternita Muoride fondata da Cheikh Ahmadou Bamba che è li sepolto,

MOSCHEA DI TOUBA

MOSCHEA DI TOUBA

a Iaminullah , un villaggio di marabuti, che presenta originali recinzione e costruzioni di canna, e alla interessante Saint Louis. Essa situata nel nord del paese su un’isola alla foce del fiume Senegal, fu scoperta nel 1659 dai coloni francesi, diventando prima un centro per la tratta degli schiavi e il commercio della gomma arabica e poi dal 1840 capitale del Senegal. Il suo fascino coloniale è ancora visibile, attraversando il ponte metallico e girevole Faidherbe del 1897, nell’adiacente prospetto dell’Hotel de la Poste e nei resti di edifici storici coloniali con tipici balconi e patii lungo la via principale Avenue Blaise Diagne, che conduce alla Grand Mosque, non visitabile all’interno. Nel locale Mercato Artigianato, un furbo commerciante mi insegue chiedendomi in italiano di quale città sono. Vengo tentato di rispondere « di S. Marino » per spiazzarlo, come è solito fare qualcuno; rifletto…se dico che sono di Palermo, verrebbero fuori i soliti odiosi luoghi comuni su mafia, coppola e cazzate varie…e non ne ho proprio voglia, ma fissandolo negli occhi rispondo…sono di Palermo e lui…sono stato a Palermo, io c’ho lavorato 1 anno ! Diventiamo quasi amici…e pur non acquistando nulla nel suo banchetto mi fa da interprete presso un suo collega, facendomi avere uno sconto…almeno credo….però stavolta sorrido volentieri io per il piacevole ricordo ! A Saint Louis non si può non dare un’occhiata, attraversato il ponte Mustapha Gaye che la collega, anche all’adiacente Guest N’Dar, dove si trova il caotico villaggio di pescatori, fino a raggiungere la spiaggia oceanica, stracolma di barche, nei cui pochi spazi liberi i bambini giocano mentre i ragazzi fanno football o si esercitano in flessioni ginniche. Riattraversando al ritorno il ponte, si osservano sotto esso barche a remi che si allenano in previsione delle regate molto seguite dai locali.

regata di barche a ST. LOUIS

regata di barche a ST. LOUIS

Gianfranco scalpita! Finalmente è giunto il tanto atteso momento di esercitare la sua « arte tersicorea » in un club notturno che ha individuato. Per restare in tema coloniale non si può mancare di visitare anche la turistica isola di Gorèe, a guardia della città di Dakar, pie-na di fascino e romanticismo, nonostante la presenza della Mason des Esclaves e dei suoi ricordi legati agli orrori della schiavitù. Non lontano da Saint Louis è il Parc National des Oiseaux du Djoudj, terzo grande parco ornitologico al mondo e Patrimonio Mondiale dell’Unesco.

DJOUDJ

DJOUDJ

Dal suo ingresso con piroga si naviga nel canale principale del fiume Senegal, oltre il quale c’è la Mauritania, osservando iguane, facoceri e un grande concentrazione di uccelli acquatici migratori, sui rami delle mangrovie e tra le ninfee. Il clou è l’avvicinamento all’isola « Nicheurs des pellicans », che ospita la più grande colonia al mondo di pellicani, sicuramente l’escursione più gradita al gruppo. Maria Luisa, Paola e Alessandra sono estasiate e vorrebbero rimanere lì! L’isola si presenta come una portaerei con una moltitudine di pennuti, disposti per aree: la zona riservata alla cova, la nursery con i piccoli curati da madri e padri, la pista di atterraggio e quella di decollo sulla riva lacustre.

PELLICANI al parc du Djoudj

PELLICANI al parc du Djoudj

Il rientro a Dakar sembra un semplice transfer, ma in realtà il pernottamento a Lompoul è una chicca! Il Campment si trova infatti tra le dune del deserto e l’arrivo al tramonto è un bel momento da godere subito dalla duna più alta.

DESERTO LOMPOUL

DESERTO LOMPOUL

Poi fatta una doccia nell’adiacente zona bagno recintata da zeribe, si raggiunge la zona comune per un intrattenimento musicale a ritmo frenetico di tamburi suonati da ragazzi, che invitano alla danza. Che strano…Paola, Sandra, Francesca, Maria Luisa, Alessandra Beppe e perfino io e Stefano muoviamo i tacchi con qualche passetto sul tappeto; Gianfranco con il suo tormentone durato tutto il viaggio con le sue speciali « danze tersicoree » rimane invece ancorato alla sedia! La cena a base di ottimo cous cous con montone, viene seguita dall’osservazione delle stelle, in quell’occasione visibili ad occhio nudo per mancanza di inquinamento luminoso, e poi dal comodo ri-poso dentro le ampie tende. L’avvicinamento a Dakar è sempre gradevole: una sosta a Kayar consente di vedere la spiaggia dei pescatori con una moltitudine di barche dai disegni policormi mai viste e un’altra al Lac Rosè. Qui con 2 auto 4X4 si effettua il tour del lago, chiamato anche Retba, visitando la saline, particolari per la raccolta nel fondo lacustre del sale, che portato a riva, viene prima essiccato al sole e poi imbustato; i campi coltivati di pregiato prezzemolo, innaffiato con l’aiuto di acqua salmastra; la zona lacustre di colore rosa per la presenza di sali minerali ivi discolti e il vicino villaggio Peul di ‘Mboneba. La conclusione del tour è una emozionante corsa sui fuoristrada a velocità sostenuta tra le dune fino alla spiaggia, lambita dall’oceano atlantico, zona d’arrivo del glorioso Rally Parigi-Dakar.

arrivo pista PARIGI DAKAR SENEGAL

arrivo pista PARIGI DAKAR SENEGAL

L’ultima cena è un’ennesimo momento conviviale e del « raccontarsi tra le righe » prima del rientro a casa e dei saluti a ‘Ndongo, amico ed autista: Alessandra vegetariana dichiarata anzi « vegeitaliana » come è stata ribattezzata, accenna a Cleopadra, la sua gatta domestica, nutrita invece a kitekat; Paola city manager italiana, ma londinese d’adozione, afferma di combattere il suo stress quotidiano con sedute di fitness a suon di zumba ; Maria Luisa neopensionata è invece felice di potersi dedicare ai viaggi che prima non poteva fare. A viaggio terminato, sembra che anche la favola sia finita, ma il tam tam del cuore batte sempre portando a galla ogni emozione vissuta…è inevitabile…è ancora e sempre quel turbamento già noto…detto Mal d’Africa !!!

( dal viaggio SENEGAL CASAMANCE : novembre 2012 )

2 pensieri su “SENEGAL

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